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Il ritratto maschile

Quando si parla di ritratto generalmente si affronta l’argomento partendo dalla posizione delle luci e poi si dà una dimostrazione pratica.  99 volte su 100 la pratica si fa con una modella. Non ho mai capito perché.

Io non ho nulla contro le modelle in sé, ci mancherebbe, ma didatticamente è troppo facile fotografare una persona che sa perfettamente come muoversi davanti a un obiettivo e che viene bene anche se la fotografa un autovelox.

Quello che sto dicendo è che si impara poco. C’è poi la trappola psicologica: se ti mostro foto di una bella ragazza, tu, fotografo che vuoi imparare, sarai istintivamente persuaso che facendo quel corso o comprando quella lente/fotocamera/modificatore, riuscirai automaticamente a produrre immagini che funzionano e non ti accorgi che l’immagine funziona perché, in fondo in fondo, ti piace prima di tutto la modella.

Inoltre, la realtà è molto più grande, varia e inclusiva di così e dovremmo imparare pure noi fotografi ad esserlo.

Se noi ci limitiamo alle donne in generale, ci perdiamo un 50% della realtà. E del mercato. Allora, qui mi concentrerò su gli uomini, perché per fotografare bene gli uomini occorre fare delle scelte stilistiche ben precise. Cioè: fotografare un uomo non può essere uguale a fotografare una donna.

E non può non essere così! Si parte dalla forma del viso: generalmente il viso degli uomini è più squadrato, ricco di imperfezioni e scavato.

La buona notizia è che queste imperfezioni del viso molto spesso ci aiutano a raccontare un soggetto in maniera efficace, se noi sappiamo usarle a nostro favore.

Pensiamo ad esempio alle rughe: generalmente sono temute dalle donne ma nel caso degli uomini, in foto, donano carattere e fascino.

Spero di averti dato un’idea, già con queste poche righe, delle differenze che intercorrono tra uomo e donna quando si tratta di ritratto e particolarmente quando andiamo a scattare un primo piano.

Allora in questo articolo parlo dell’ultimo ritratto in studio che ho realizzato, con Michele.

Condivido volentieri il set up utilizzato per questo scatto.

Dopo aver osservato il viso di Michele, ho deciso di accentuare sia gli zigomi, sia la barba e il piercing, usando due luci, come spesso mi accade e un pannello riflettente. Questo perché avevo un look molto moody in mente e volevo controllare al millimetro luci e ombre.

La luce principale è il Joel Grimes Beauty Dish della Westcott in posizione loop, con una griglia per orientare la luce sul viso (qui in foto mi sono sostituito io); la luce di riempimento delle ombre sul viso è un ombrello con interno argentato e diffusione da 180 cm posto a sinistra del modello (se ti interessa, se ne trovano di vari brand su Amazon: vanno bene tutti!). Ho usato questa seconda luce anche per accentuare un po’ lo sfondo (i mitici backdrops della Fine Art Backdrop che purtroppo non sono ancora disponibili in Italia).

Ho agggiunto un pannello riflettente sotto il viso di Michele per risaltare la sua barba bellissima. Dopo un paio di test della luce e una chiacchierata con Michele per aiutarlo a capire come muoversi, abbiamo raggoiunto la foto che avevo in mente in 5/10 minuti circa.

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Screen Shot 2023-02-02 at 3.07.52 PM.png Screen Shot 2023-02-02 at 3.08.11 PM.png

L’immagine è stata scattata con una Fujifilm gfx 100s e un gf 110mm f2 @ f4

Qui ho riportato il raw dell’immagine assieme a una prima lavorazione in Capture One: come vedi, non ho fatto cambiamenti all’originale: cerco di catturare l’immagine quanto più possibile in camera!

Una volta soddisfatto del lavoro in C1, sono passato su Photoshop per ripulire un po’ il viso: ho tolto qualche bolla o imperfezione, dato un po’ di calore e poco altro.

Ecco il risultato finale!

Sono molto contento del risultato! Michele non è un modello e non sa propriamente posare ma sa comunicare, perché è un essere umano. Gli ho chiesto solo quello: comunica un’emozione. Il resto è venuto da sé.

Non dico di buttare vie le modelle -perché mai?- ma non limitiamoci soltanto a loro! Tutti -tutti!- abbiamo bisogno di comunicare e di comunicarci e niente come la fotografia permette di farlo in maniera così personale, letteralmente mettendoci la faccia.

Tu hai il compito bellissimo di fare in modo che questa magia accada.

tags: Fujifilm, Ritratto, Ritratto fotografico, Ritratto maschile
Thursday 02.02.23
Posted by Marco Mulattieri
 

Tre consigli per cominciare con i ritratti

Ho deciso di approfittare del blocco imposto dal nostro governo per scrivere qualcosa di più rispetto al mio lavoro di fotografo.

Io sono un ritrattista; è quello che mi piace di più, è quello che mi viene di fare quando afferro una camera. Negli anni ho sviluppato un po’ di esperienza in questo ambito: questi sono una serie di consigli per chi vuole specializzarsi nello stesso genere e, magari, ha appena cominciato.

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Esplorate ogni apertura

È una grande tentazione quella di scattare all’apertura più estrema che la nostra lente ci consenta e i produttori di lenti lo hanno capito benissimo: negli ultimi mesi vedo uscire sempre più lenti velocissime (f 1.2; f 1; f 0.95) e tanta gente eccitata dalla possibilità di ottenere sfocati morbidissimi nei propri ritratti e un effetto molto tridimensionale nelle proprie foto.

È una trappola in cui caddi pure io: è molto comodo settare la lente ad f 1.4 e scattare valanghe di foto burrosissime: piacevano a me, piacevano ai soggetti che ritraevo. L’unica controindicazione era che le mie foto erano identiche a quelle di centinaia di altri fotografi. Non tanto nei soggetti o nelle pose, quanto nelle intenzioni. Quando cominciai a studiare un po’ più da vicino la ritrattistica, notai che i miei fotografi preferiti scattavano ad aperture che per me erano impensabili: f 5.6; f 8.

Nel tempo, cominciai a capire perché e a “chiudere” sempre più gli stop: un giorno, questa mia transizione trovò il giusto riconoscimento: mi trovavo in un negozio di abbigliamento vintage a Cincinnati, dove vivevo fino allo scorso anno. La titolare mi parlava di organizzare uno shooting per i suoi abiti. Mi disse che aveva scelto me perché nelle mie foto si vedeva tutto, soggetto, abiti e sfondo, e non soltanto la faccia dei soggetti.

Ed è proprio questo il senso: non consideriamo le facce dei nostri modelli come l’unico punto di interesse. Abbiamo un intero frame da riempire con colori, linee e forme: usiamolo. Mettiamolo a fuoco. Da ogni angolazione possibile. Ad ogni apertura possibile. F 1.4 come f 8. Non c'è niente di male a scattare ad f 1.4. A patto che quello non sia l’unica stile fotografico che conosciamo. Perché quelle foto che ci sembravano cinematografiche e professionali, le saprebbe fare chiunque, prendendo la vostra camera in mano.

Se una cosa è troppo facile, la faranno tutti. Sei d’accordo, no?

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Cercate di “leggere” la foto

Esporre correttamente una foto non significa fare “centro” sull’esposimetro. Ti rivelo un segreto: io non ce l’ho nemmeno l’esposimetro, sul mio display. Sarebbe solo una distrazione o, alla peggio, un elemento fuorviante. Molte delle camere odierne sono dotate di EVF, che permettono di “leggere” all’istante l’esposizione dell’immagine. Le vecchie reflex fanno lo stesso dal loro schermo sul retro. Insomma: la tecnologia odierna ci permette di cogliere all’istante  l’accuratezza della nostra esposizione. Che non significa che è tutto illuminato e perfettamente leggibile. Esporre bene la foto significa avere la luce dove la vogliamo e avere le ombre dove le vogliamo. E quello non si potrà ottenere grazie all’esposimetro della camera: si tratterà di scattare e osservare quello che abbiamo ottenuto, chiedersi cosa vada bene e cosa no. Ogni singolo punto dell’immagine è totale responsabilità nostra. L’unico strumento che possiamo utilizzare in aiuto all’anteprima delle nostre immagini, sarà l’istogramma, che le camere odierne generalmente forniscono abbinato agli scatti realizzati.

Una volta che la nostra immagine è ben esposta nelle luci, un’occhiata all’istogramma ci assicurerà che le ombre non siano “bruciate” e irrecuperabili. (A dire il vero, neppure l’istogramma è infallibile, ma meglio che niente!)

Nessun dispositivo potrà fare questo lavoro di lettura delle immagini per noi. E meno male!

Un lavoro analogo a questo consiste nel tornare su scatti del passato e “leggerli” con occhi nuovi. Se siete determinati nella vostra formazione fotografica, vi accorgerete presto che quelle immagini che prima vi sembravano belle, perderanno il loro fascino e cominceranno a mostrare i loro difetti. È incredibile quanto la vostra percezione  del bello cambierà, nel tempo. E le prime a farne le spese, ve lo dico, saranno le tue stesse immagini. Scatti che un anno prima ti sembravano sensazionali, mostreranno tanti di quei difetti che quasi ti vergognerai di averle postate. Non preoccuparti, è normale. Anzi, è segno che stai sviluppando il tuo stile e il tuo gusto. Dobbiamo sempre essere aperti a questo tipo di critica, personale o esterna, per quanto, a volte, ci faccia sentire scarsi o inadeguati.

Come fotografi, noi saremo scelti e giudicati soltanto per il nostro gusto.

I soggetti davanti a noi sono persone

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Noi non fotografiamo oggetti, né case, né paesaggi. Se abbiamo scelto i ritratti, è perché ci interessano le persone. Lo ripeto, ci interessano, non ci servono. Non è una questione semantica: c’è un abisso tra interessarsi a qualcuno e usare qualcuno e penso che si colga già a livello lessicale. 

Trovo davvero difficile fare una foto a una persona di cui non so nulla. Anzi, non solo è difficile, non mi piace neanche! Per questo uso i momenti del “montaggio del set” per familiarizzare con chi ho davanti. Non solo per studiarmi l’aspetto fisico o il lato migliore (ci vuole un secondo per quello!) ma soprattutto per capire chi ho davanti: imparare subito il suo nome, scoprire qualcosa della sua vita, che lavoro fa, quali siano i suo hobby, la musica che ascolta, o anche solo di che umore è quel giorno. Tutti questi elementi non servono a  “far star bene” il soggetto. Questi elementi sono il soggetto e, che tu ci creda o no, saranno parte del risultato finale. Oltretutto, stabilire una buona relazione con chi ci sceglie per le sue foto, significa creare le basi per rapporti di lavoro futuri. Le persone possono avere bisogno di foto per decine di ragioni diverse: se si saranno trovate bene con te, non sentiranno mai il bisogno di cambiare.

Molte persone che conosco non sanno distinguere la differenza tra una buona foto e una foto eccezionale. Ma tutte le persone che conosco sanno distinguere la differenza tra una persona accogliente e una fredda, o peggio ancora, opportunista.

Le persone non tornano da noi per le nostre foto, ma per l’esperienza che gli offriamo. Di fotografi bravi ne esistono tanti. Di brave persone che fanno grandi foto, certamente meno. Tu da che parte vuoi stare?

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tags: Ritratto, Ritratto fotografico, Fotografia
Wednesday 03.17.21
Posted by Marco Mulattieri
 

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